Depressione

Terapia Depressione Bergamo

terapia depressione a bergamoDepressione è una parola che tutti usiamo per indicare quelle situazioni in cui sentiamo di avere un  abbassamento del tono dell’umore,  magari accompagnato da perdita di interesse o piacere nelle attività normalmente piacevoli, ci sentiamo sfiduciati  e facciamo fatica a pensare che questo stato d’animo si risolva a breve.

A tutti, più o meno, è capitato di sperimentare questo genere di vissuti. Tuttavia la depressione patologica, che viene indicata con nomi diversi a seconda degli autori, ma che generalmente è nota come Disturbo Depressivo Maggiore (MDD) o, più genericamente come Disturbo dell’Umore di tipo depressivo, è qualcosa di molto diverso.

Come discriminare un momentaneo quadro depressivo da una forma depressiva patologica?

Ci troviamo di fronte ad una patologia e non ad un quadro momentaneo, quando i sintomi depressivi sono tanti, sono molto intensi e perdurano da qualche tempo.

Freud, che per primo approfondì e studiò le differenze tra un tipo di quadro clinico e l’altro, evidenziò, in quelle forme che oggi vengono identificate come quadri depressivi patologici importanti, la presenza di una tristezza infinita e di una sofferenza interiore molto diversa, ad esempio, da quella che si prova in caso di lutto per la perdita di una persona cara.

Nel lutto, infatti, la persona che sta male si rende perfettamente conto che la perdita si riferisce a qualcuno/qualcosa che è esterno a sé.

Nel disturbo depressivo maggiore o in altri quadri depressivi patologici importanti, invece, sembra che il soggetto abbia l’impressione di avere perduto qualcosa che è dentro di sé, della cui perdita si sente responsabile, si accusa e si colpevolizza, con una conseguente profonda caduta della stima di sé. La persona  tende così a rinchiudersi in se stessa  e a ritirarsi dalle relazioni col mondo: nemmeno situazioni esterne positive e favorevoli servono da stimolo al miglioramento dello stato dell’umore.

Quali sono i segni e i sintomi dei quadri depressivi patologici importanti?

I diversi manuali diagnostici e statistici sono generalmente concordi nel riconoscere che, se più sintomi, si parla di almeno 5, persistono per più di 2 settimane, probabilmente siamo in presenza di un disturbo dell’umore di significato patologico. Fra i sintomi più frequenti possiamo qui elencare:

Possibili variazioni delle condizioni fisiche dovute alla depressione, come

  • il cambiamento del peso corporeo (sia in aumento che in decrescita, in assenza di diete)
  • la presenza di irrigidimento della mimica facciale
  • una riduzione, con rallentamento, dei movimenti corporei

Alterazioni dello stato emotivo caratterizzate da:

  • grande tristezza e apprensione
  • sensazione che nulla abbia veramente valore
  • sentimenti di autosvalutazione
  • sentimenti di inadeguatezza nello svolgimento del lavoro abituale
  • ciò che prima era affrontabile sembra improvvisamente diventato irrisolvibile
  • sensi di colpa
  • isolamento dagli altri
  • perdita del sonno (in altri casi forme di ipersonnia, cioè di continuo dormire), dell’appetito e del desiderio sessuale
  • anedonìa (perdita di interesse e di piacere nelle attività che si è soliti svolgere)
  • incapacità di provare sentimenti positivi, come gioia e piacere
  • vuoti di pensiero e di idee, linguaggio monosillabico
  • stanchezza quotidiana, rallentamento del pensiero, difficoltà a concentrarsi, rallentamento della memoria
  • astenia (difficoltà ad intraprendere qualsiasi azione)
  • difficoltà a prendere decisioni a volte con blocco totale delle azioni
  • pensiero di morte ricorrente o ideazione suicidaria; a volte tentativi di suicidio

Comorbilità

La comorbilità è la presenza contemporanea di più disturbi.

Nei quadri depressivi patologici importanti, potrebbero presentarsi contemporaneamente anche altri disturbi, come crisi d’ansia, attacchi di panico, abuso di sostanze, disfunzioni sessuali… e altro.

Come si fa una diagnosi?

Fare una diagnosi da soli è sempre difficile, anche perché i Disturbi dell’Umore si presentano con diverse sfaccettature, vengono generalmente classificati in tipi e sottotipi e sono caratterizzati anche da variabili di tipo soggettivo. Pertanto, se vi riconoscete in alcuni o in tanti aspetti delle evidenze cliniche sopra elencate e pensate di avere un disturbo dell’umore conclamato, non esitate a sottoporvi ad un’indagine diagnostica.

Un disturbo dell’umore, come si evidenzia nella dicitura stessa, può essere, infatti, molto disturbante.

Esso coinvolge, direttamente o indirettamente l’intero ambiente familiare della persona, condiziona fortemente l’andamento di una famiglia e va ad inficiare tutti i progetti familiari, dall’uscita a cena con gli amici, alle vacanze con i figli, dalla scelta di un abito, alla presa di decisioni, anche le più banali e semplici…

Inoltre, una persona che, in modo repentino e, apparentemente, incomprensibile a se stessa e agli altri, si trovi calata in una situazione in cui si rende conto dei cambiamenti radicali che le stanno capitando e non riconosce più se stessa nei comportamenti, nelle azioni e nei pensieri, rischia di spaventarsi molto e di entrare progressivamente in uno stato di ansia continuo che può destabilizzarla ulteriormente e che, man mano che i giorni passano, potrebbe trascinarla in un circolo vizioso da cui diventa sempre più difficile uscire.

Nel nostro Centro abbiamo specialisti dei Disturbi dell’Umore: saremo in grado di farvi una diagnosi accurata che potrà sollevarvi in tempi brevi dalla paura. Fare una diagnosi è molto più importante di quanto ci si possa immaginare: permette, infatti, di dare un nome al disturbo o ai disturbi da cui ci si sente afflitti. Non sapere che cosa ci stia succedendo fa solo aumentare la tensione, la preoccupazione e l’ansia. Dare un nome a un disturbo e riconoscersi nei suoi sintomi, al contrario, significa circoscrivere il problema, accettarlo, imparare a conoscerlo, sapere che caratteristiche ha e poter decidere se e come affrontarlo.

Sapendo chi è il nemico con cui si deve combattere, per lo meno ci si può preparare e, soprattutto, si può scegliere il da farsi.

Contattateci, la prima consultazione è gratuita. Saremo certamente in grado di dirvi da che tipo di disturbo siete pervasi.

Chiamateci al numero 380 341 77 48 oppure contattateci all’indirizzo info@centropsicologiaemedicina.it, spiegandoci la vostra situazione. Vi daremo una risposta in tempi brevi o vi fisseremo un appuntamento: la prima consultazione è gratis.

Che cosa può fare un familiare o un amico che soffre di disturbi dell’umore?

Chi vive a contatto diretto o frequente con una persona che si ammala di un disturbo dell’umore, spesso non capisce che cosa le stia succedendo. Non riesce a mettersi nei panni di chi soffre, in quanto quasi tutto ciò che viene affermato da chi è in preda ad un disturbo dell’umore, per lo più non trova riscontro nei dati di realtà di coloro che sono vicini a questa persona.

Dotti aveva subìto un’ ingiusta e inaspettata interruzione di un contratto lavorativo, che avrebbe dovuto protrarsi per qualche altro anno. In un primo tempo si era attivato per far fronte alle necessità di tamponare i danni: era ricorso ai sindacati, aveva intrapreso una causa che, alla fine e in tempi relativamente brevi, l’aveva portato a trovare un compromesso con l’azienda che gli aveva liquidato una discreta somma di denaro. Dotti, nel frattempo, aveva trovato altre occupazioni lavorative. Tuttavia, mentre tutto ciò avveniva, egli era caduto in una profonda crisi depressiva da cui non riusciva a risollevarsi, nonostante i positivi sviluppi della sua azione legale. I familiari non capivano. La moglie e il figlio maggiore si erano trovati, fin dall’inizio della difesa, a farsi carico di tutte le procedure: dopo 1 anno di sindacati e avvocati, mentre Dotti continuava a peggiorare e stava via via perdendo anche i nuovi lavori acquisiti, erano entrambi tremendamente stanchi e amareggiati. Lui sembrava diventato ormai insensibile ad ogni cosa, ad ogni proposta, ad ogni emozione e loro si sentivano impotenti. La moglie, con l’aiuto del medico di assistenza primaria, lo portò al nostro Centro. Dotti faceva una pena infinita, perché stava malissimo. Fu solo quando prese coscienza del fatto che aveva un disturbo dell’umore, che sollevò la testa, come se avesse scoperto qualcosa di mai visto. Accettò di intraprendere un brevissimo percorso di pochi colloqui clinici, perché lui stesso voleva capire se noi avevamo capito giusto! Emerse in breve tempo che i sentimenti di morte che provava dentro di sé, erano verosimilmente legati non tanto alla paura di non riuscire più a mantenere la sua famiglia e al mancato guadagno per l’interruzione del famoso contratto, come lui si ostinava a pensare, bensì al fatto che egli aveva subìto un grave tradimento da parte di un collega-amico, con cui aveva condiviso vacanze, attività sportive, esperienze di vita e che, facendo parte del consiglio di amministrazione dell’azienda, sia quello uscente che quello entrante, aveva contribuito intenzionalmente a farlo buttar fuori dall’azienda. Infatti questo “collega-amico”, in modo subdolo, l’aveva spinto, negli ultimi 2 anni, a lavorare in una certa direzione di mercato, sapendo che la nuova amministrazione non solo non ne avrebbe condiviso l’impostazione, ma avrebbe liquidato Dotti e si sarebbe rivolta a qualcun altro.

Quando Dotti venne portato da noi provava:

  • sensi di colpa e crollo dell’autostima, perché sentiva di avere fallito in ogni attività della sua vita
  • temeva di non riuscire più a mantenere la propria famiglia e ciò gli procurava vissuti di totale incertezza: diceva a se stesso che nella sua vita aveva lavorato tanto a progetti e idee per il lavoro, che aveva trascurato la propria famiglia, rinunciando anche al suo tempo libero e al piacere di stare con i suoi familiari e se ne vergognava infinitamente.
  • sentiva che tutto ciò per cui aveva vissuto e lavorato era crollato
  • aveva pertanto attivato un graduale ritiro dal mondo relazionale: aveva lasciato andare alcuni lavori di consulenza e stava via via isolandosi anche dalle relazioni familiari, per il profondo senso di fallimento, di vergogna e di colpa che provava
  • aveva perso il piacere di fare cose, azioni e progetti
  • era mortificato e stava sempre più congelando le proprie emozioni …

Invitammo Dotti a fare alcuni incontri con uno dei nostri operatori qualificati, per inquadrare il problema e per arginare la situazione di disperazione da lui riferita. Quando Dotti si rese sufficientemente conto che nel nostro Centro sapevamo occuparci di lui, gli proponemmo di lavorare più in profondità, per cercare di rintracciare le origini di tanto malessere di fronte al tradimento dell’amico-collega che, da ciò che scoprimmo, Dotti aveva sempre considerato un amico-fratello. Era pertanto un tradimento fraterno quello che gli era successo! La difesa legale aveva permesso a Dotti di tamponare, per così dire, i danni materiali,  ma non aveva avuto efficacia sui danni della sfera emotiva e affettiva.

Conclusione: la terapia riuscì a inquadrare e isolare il problema di Dotti, sicché Dotti riuscì finalmente a vederlo e, pian piano, a trasferirlo, per così dire, dall’interno di sé, all’esterno e, dunque, a ridimensionarlo e ad affrontarlo. All’inizio fu necessario associare alla psicoterapia anche una farmacoterapia: i dosaggi venivano rivalutati periodicamente, in ragione del processo psicoterapeutico. Dopo 2 anni di farmaco- e psicoterapia, Dotti cominciò a scalare le medicine, fino a ridurle a un semplice e sporadico “compagno di viaggio”. Dotti riprese a lavorare bene, ritrovò parte delle sue passioni; cambiò. Scoprì una cosa con cui non aveva mai avuto dimestichezza: di avere dei desideri, che, in qualche incomprensibile modo, aveva sempre represso. Dotti non riesce ancora a dire che la crisi depressiva gli ha permesso di cambiare e che, tutto sommato, le novità del suo modo di comportarsi di oggi, gli piacciono di più di quelle che aveva qualche anno fa, ma siamo sulla buona strada. Forse non riesce ancora a dirlo perché non è ancora totalmente consapevole di quanto ora stia meglio!

Superare un disturbo dell’umore è una questione di volontà?

A noi viene, come prima risposta: NÍ !

Cerchiamo di capire:

  • un disturbo dell’umore non è un capriccio, pertanto non viene per volontà di una persona
  • un disturbo dell’umore viene da solo e anche in questo senso, non è una questione di volontà
  • si attiva quasi certamente perché si altera qualcosa nell’equilibrio dei processi elettro-bio-chimici, su cui si basa il funzionamento del sistema nervoso centrale, tanto è vero che, in certi casi fortunati, trovare subito la corretta combinazione farmacologica e il dosaggio adeguato, serve a sollevare in tempi brevi un individuo dallo stato di malessere acuto. Anche in questo caso la volontà della persona non sembra essere in questione
  • alcuni disturbi dell’umore possono essere soggetti ad una sorta di ritmicità, per cui, a periodi alterni, potrebbero ripresentarsi; anche questo non dipende dalla volontà di una persona

Allora come e quando c’entra la volontà?

Oggi sappiamo dall’esperienza clinica che, quando succede un fatto traumatico che possa essere interpretato come evento scatenante o evento precipitante, ogni persona reagisce in modo diverso: c’è chi si attiva più combattivamente per farvi fronte, chi delega ad altri la propria difesa, chi tende a soccombere…. Parte di queste diverse modalità di risposta originano certamente dalla nostra dotazione genetica. Altre, probabilmente, hanno più a che fare con la nostra educazione e, dunque, con l’ambiente in cui siamo cresciuti. In ogni caso, certo è che ognuno reagisce a modo suo!

Potremmo dire che, a parità di trauma, non c’è parità di risposta al trauma. Ma anche questo ci dice poco su quanto possa esserne responsabile la volontà.

Diciamo che, una volta che si sia appurato di essere profondamente in crisi, non importa se perché il nostro DNA ci è avverso oppure se perché l’ambiente di crescita ci rende più propensi alla depressione o ancora perché il trauma subìto sia di grandi dimensioni… in ogni caso sta a noi e alla nostra volontà decidere se fare qualcosa o no per reagire.

Certo, abbiamo detto sopra, che una delle caratteristiche dei disturbi dell’umore è anche la mancanza di capacità di prendere decisioni, compresa perciò anche quella di mettersi in cura! Potremmo bypassare il problema dicendo che potremmo lasciarci instradare da chi ci vuole bene e farci aiutare a prendere una decisione: ad esempio quella di sottoporci ad una visita psicodiagnostica. D’altra parte anche dire di no è una scelta! Come si dice no, si può dire anche .

Non vogliamo fare un discorso semplicistico: si può ben capire, ovviamente, che una persona abbia bisogno di un tempo “tecnico”, necessario a prendere atto dell’evidenza che la crisi in atto non rientrerà da sola, si può accettare che la persona, non capendo ciò che le sta succedendo, abbia bisogno di lasciar depositare le nuove esperienze emotive di melanconia, per vedere se si risolvono….

Tuttavia, passato un tempo sufficiente a prendere coscienza del fatto che ci si è ammalati e accettato che, quasi improvvisamente, tutto sia cambiato rispetto a prima, a questo punto restano solo due possibilità:

– approfondire l’analisi  dicendo sì  e sottoponendosi ad una psicodiagnosi e quindi ad un percorso di cura

oppure

dire no alla diagnosi e all’eventuale cura.

In ogni caso siamo di fronte alla presa di una decisione, cioè a un atto di volontà!

Dire no forse è più facile perché probabilmente non comporta atti mentali particolarmente elaborati, bensì solo una risposta che assomiglia molto ad un automatismo. Mentre dire sì, benché si accetti di delegare  ad altri l’organizzazione della presa in carico, richiede anche un atto di coraggio che ci spinga ad approfondire ciò che ci sta succedendo.

Ci potremmo chiedere se anche il coraggio è una questione di volontà, ma rischieremmo di distrarre la nostra attenzione.

Certo è che, in questa prima fase, i familiari, gli amici e il medico di famiglia possono avere un ruolo decisivo per aiutare una persona, con un disturbo dell’umore di tipo depressivo, ad assumersi il coraggio di fare il primo piccolo passo e cioè a farsi fare una valutazione di tipo psicodiagnostico. Fatta questa prima valutazione , sarà più facile, per il soggetto sofferente, prendere la decisione di mettersi in cura o no.

Detto questo, sta a noi quindi, e alla nostra volontà, decidere di intraprendere un percorso curativo, che ci aiuti a comprendere ciò che ci sta capitando, ben sapendo che se siamo da soli e nessuno ci accompagna, probabilmente sarà più difficile!

Bisogna ovviamente affidarsi a quei professionisti che svolgono il proprio lavoro con competenza e professionalità.

Nel nostro Centro abbiamo competenza pluridecennale! Contattateci, la prima consultazione è gratuita. Saremo certamente in grado di darvi un aiuto.

Chiamateci al numero 380 341 77 48 oppure contattateci all’indirizzo info@centropsicologiaemedicina.it, spiegandoci la vostra situazione. Vi daremo una risposta in tempi brevi o vi fisseremo un appuntamento: la prima consultazione è gratis.

Perché a volte è difficile accettare di mettersi in cura?

A volte è difficile accettare di mettersi in cura perché ciò che ci sta succedendo è talmente improvviso e inaspettato, talmente insolito e devastante, da non sembrare vero; a quella che era una normale vita quotidiana, può subentrare un blocco del pensiero, delle azioni e, come si diceva più sopra, ci si può sentire pervasi da una sensazione assoluta di incertezza, di senso di fallimento, di vergogna e di sensi di colpa!

Non bisogna spaventarsi, né sentirsi colpevoli del fatto che, inaspettatamente, un evento traumatico o scatenante o precipitante, possa aver brutalmente alterato in modo sensibile e continuativo, le nostre normali condizioni di vita e il nostro comportamento relazionale e lavorativo. Oppure perché ci siamo svegliati un giorno con l’umore cambiato all’improvviso.

Se questo ci succede, facciamoci aiutare da qualcuno: possono essere i nostri familiari, gli amici, il medico di famiglia, il nostro superiore al lavoro….

Noi, nel nostro Centro, insistiamo nel dire che è importante prendersi cura di sé prima che si incistino circoli viziosi, dai quali poi si esce con più fatica e maggior impiego di tempo.

La prima consultazione è gratuita. Chiamateci al numero 380 341 77 48 oppure contattateci all’indirizzo info@centropsicologiaemedicina.it, spiegandoci la vostra situazione. Vi daremo una risposta in tempi brevi o vi fisseremo un appuntamento: attivate la vostra volontà, solo nel venire a trovarci, al resto penseremo noi!

Come funziona un percorso psicodiagnostico?

Nel nostro Centro funziona per tappe successive:

Prima tappa

Sottoporsi ad un primo colloquio. Il primo colloquio è gratuito ed ha lo scopo di inquadrare, da un punto di vista generale, il problema che viene presentato dall’utente. In base a ciò che emergerà, l’operatore professionista, psicoterapeuta o medico che avrà fatto il colloquio, inviterà l’utente a prendere atto del quadro clinico, così come esso si è evidenziato. A questo punto potrà suggerire all’utente di procedere in un’indagine più approfondita del quadro clinico, sia in ambito medico che in ambito psicologico, se ritenuto necessario.

L’utente potrà decidere in tutta libertà cosa fare. Potrà sempre e comunque far tesoro di questo primo colloquio clinico di carattere generale, di cui avrà beneficiato a titolo gratuito.

Laddove lo psicoterapeuta o il medico evidenzino la necessità di un ricovero, ne parleranno con l’utente, senza entrare nel merito di ciò che riguarda la libera scelta dell’utente di rivolgersi a centri pubblici o privati di suo gradimento.

Seconda tappa

Effettuare l’inquadramento psicodiagnostico: esso ha luogo solo dopo il primo colloquio e prevede più incontri che andranno a valutare diversi aspetti del modo di funzionare del soggetto che decide di sottoporvisi. Generalmente gli incontri vengono conclusi nel giro di un mese o di un mese e mezzo. Questi sono a pagamento. Al termine verrà emessa la diagnosi.

Anche se vi sembrerà strano pensare di dover affrontare un percorso psicodiagnostico, in quanto vi siete sempre sentiti una persona attiva e non depressa, sappiate che, in caso di forme depressive acute, è bene invece affrontarle subito, perché prima si inizia una terapia, prima e in minor tempo la terapia sarà efficace.

D’altra parte sono i malesseri, le malattie, i traumi che ci succedono nella vita che, mettendo in crisi le nostre certezze, possono costringerci ad approfondire la conoscenza di noi stessi, con coraggio e umiltà, anche se con paura. La paura spesso blocca perché, soprattutto quando una persona si sente a pezzi, senza più autostima, scoraggiata e senza speranza e si autosvaluta, ha ancora più paura a parlare di sé, perché magari è convinta che, così facendo, potrebbe scoprire di avere altri difetti e altre bruttezze. Di conseguenza, anziché affrontare un percorso terapeutico, tende magari a ritirarsi dentro di sé, vergognosa di sottoporsi alla valutazione altrui. Noi suggeriamo di fare solo una cosa, un piccolo grande passo coraggioso: venire a trovarci!

Chiamateci al numero 380 341 77 48 oppure contattateci all’indirizzo info@centropsicologiaemedicina.it, spiegandoci la vostra situazione. Vi daremo una risposta in tempi brevi o vi fisseremo un appuntamento: la prima consultazione è gratis.

Davide, in seguito ad un accertamento clinico, a causa di frequenti dolori che lo accompagnavano ormai da tempo, aveva scoperto di avere una forma tumorale che, benché di tipo benigno, non sembrava risolvibile alla radice, in quanto si riduceva solo in caso di intervento chirurgico e non era sensibile ad alcuna chemioterapia. Quando la scoprì aveva 35 anni. Reagì dapprima molto bene, sottoponendosi più volte e a più riprese, alle cure chirurgiche necessarie. Poi, pian piano, entrò in una depressione totale, ritirando qualsiasi interesse dal mondo, compreso il mondo della sua famiglia, i suoi due bimbi piccoli e la giovane moglie. Cominciò a mettersi a letto: le giornate diventarono interminabili per tutti, per lui e per i suoi familiari. Tutto sembrava impantanato, senza possibilità di soluzione. I familiari non riuscivano più a capire fino a che punto agiva la malattia tumorale e da che punto iniziava lo stato depressivo. Lui rifiutava qualsiasi proposta e qualsiasi farmaco. La moglie doveva prendergli le gambe e farlo alzare a viva forza dal letto, perché Davide era talmente depresso da non avere le forze per alzarsi da solo. Lei stessa era ormai in preda ad un’ansia quotidiana e a frequenti crisi di nervi: ora lo sgridava, ora lo pregava gentilmente di riprendersi. Lui sembrava non avere più alcun interesse, né alcuna speranza. Il medico di assistenza primaria fece il primo passo decisivo e, d’accordo con la moglie, ne parlò agli operatori del nostro Centro. Ci orientammo verso una soluzione in due stadi: dapprima un ricovero in un reparto di medicina, in una clinica, in cui gli fecero alcuni accertamenti medici e aggiornarono la sua cartella clinica. Nel frattempo poté giovarsi di alcuni colloqui psicologici direttamente nella clinica in cui fu ricoverato, da parte degli psicologi del nostro Centro. Questo sforzo dei familiari e del medico di base per aiutarlo e la sinergia tra il lavoro del nostro Centro e quello degli operatoti della clinica, ebbero la prima reale efficacia. Davide accettò una visita psichiatrica: gli vennero somministrati dei farmaci a basso dosaggio e regolarmente monitorati. Appena uscì dalla clinica gli proponemmo di intraprendere un percorso di psicoterapia.

Da allora sono passati 4 anni: Davide è vivo e sta bene. Non ha risolto il suo problema tumorale, ma nel frattempo hanno scoperto una cura a cui il suo tumore sembra essere sensibile. La depressione è stata superata. Davide stesso non riesce più a ricordarsi esattamente come stava prima del ricovero, come se allora fosse caduto in uno stato di “assenza”, di “limbo”, di “non realtà”. E’ certo, e lo dice spesso, che se non avesse avuto i suoi familiari accanto per aiutarlo ad aiutarsi e se non avesse trovato un luogo di cura cui affidarsi, da solo non ce l’avrebbe fatta. Ora ha ripreso il coraggio di vivere o meglio, di convivere con la sua malattia primaria, il tumore, sapendo che la sua malattia secondaria, la depressione, andrà comunque tenuta sotto controllo.

Se vi riconoscete in qualcosa dell’esempio sopra descritto o se pensate di essere anche voi in una situazione in cui non sembrano esserci soluzioni, non esitate ulteriormente e, soprattutto, non perdete altro tempo!

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A che punto è la ricerca scientifica attuale?

Da un punto di vista farmacologico sembra che studi americani, ancora in fase iniziale, abbiano identificato che, oltre ai sistemi serotoninergico e dopaminergico che, allo stato attuale delle conoscenze, sembrano essere prevalentemente coinvolti nei disturbi depressivi, ci sia un coinvolgimento anche del sistema glutammato, un neurotrasmettitore eccitatorio. Dagli esperimenti già in parte effettuati, si è ipotizzato che andando ad agire sul sistema glutammato, si potrebbero ottenere benefici a breve termine. Pertanto si stanno sperimentando sostanze che possano essere convertite in cure farmacologiche, che potrebbero rivelarsi molto efficaci soprattutto nell’affrontare le fasi acute o il primo episodio della malattia. Al momento però, non ci sono ancora protocolli di cura.

Le attuali terapie esistenti cominciano ad agire in genere 2-3 settimane dopo l’inizio della cura.

E’ certamente  un lasso di tempo lungo per chi soffre e per chi, in certi casi, è a rischio di gesti autolesionistici. Tuttavia queste cure “tradizionali” e un po’ più lente, hanno anche il vantaggio di aiutare a recuperare un umore più adeguato in tempi più graduali.

Da un punto di vista psicologico e psicoterapeutico alcuni studi tedeschi all’avanguardia, hanno documentato diverse evidenze cliniche, sopportate da dati raccolti attraverso esami strumentali che testimoniano che la psicoterapia, se ben condotta, va ad agire sulle stesse vie neurali in cui vanno ad agire i farmaci che si mostrano efficaci.

In altre parole è come dire che, una volta fatta una diagnosi accurata e trovati i farmaci efficaci e il giusto dosaggio (e questo si vede perché il paziente comincia subito a stare un po’ meglio), se il paziente, contemporaneamente, inizia una psicoterapia con un professionista capace, la psicoterapia va ad incrementare l’efficacia del farmaco perché “lavora” lungo le stesse vie neurali nelle quali agisce il farmaco. I tedeschi, a questo scopo, documentano il procedere di alcune psicoterapie, utilizzando la Tomografia ad Emissione di Positroni (P.E.T), che è un esame in grado di vedere l’attività della aree del cervello e di verificare quindi quali aree vengono stimolate dalla psicoterapia e dalla farmaco terapia.

Conclusione

Noi riteniamo che la depressione sia proprio un disturbo da non trascurare. Non è utile lasciar passare troppo tempo prima di occuparsene.

Nuove cure per intervenire meglio sulle fasi acute sono attualmente in fase studio ma le cure per affrontare le varie forme di disturbo depressivo, alfine di uscirne in tempi brevi, sono già disponibili.

Pertanto se sospettate di essere in una condizione di disturbo dell’umore importante, noi vi suggeriamo di affidarvi ad un buon centro e di sottoporvi ad una psicodiagnosi.

Noi, nel nostro Centro, insistiamo nel dire che è importante prendersi cura di sé prima che si incistino circoli viziosi, dai quali poi si esce con più fatica e maggior impiego di tempo.

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